Siamo atterrati a Venezia alle 9 circa stanchi, assonnati, sudati e puzzolenti ma comunque contenti di ritornare a casa nostra.
Resta da tirare le somme di come è andata l’esperienza a WAMBA.
Immagino che gli altri compagni di viaggio parleranno delle grandi emozioni suscitate dai bambini negli asili e per quello che ci erano prefissati di fare e che abbiamo portato a termine. Spero di non risultare insensibe facendo la “diversa” parlandovi di un altro aspetto che mi ha colpito particolrmente e di cui poco si parla (non che i bimbi non mi piacciano ma già li conoscevo dai racconti di Paolo e Lucia).
Le DONNE.
Sono consapevole che in pochi giorni di esperienza non posso aver capito e visto tutto e non ho la presunzione di avere la verità in tasca, ma è certo che ho avuto modo di vedere ed incontrare molte donne che poco chiedono per se.
Una gran varietà: giovani e vecchie, bianche e nere, ” ricche” e povere, che hanno studiato e non.
Nulla di strano se non fosse che merita spendere alcune parole per tutte loro in quel specifico paese.
Ci sono donne che nemmeno si vedono sotto il loro carico di merce che faticosamente trasportano sulle loro spalle e camminano ai bordi di una strada per chilometri e chilometri.
E cosa dire di quelle bambine che già sono donne e portano sulla loro schiena piccoli bambini che a volte sono i fratellini a volte sono già i propri figli.
Ricorderò sempre con piacere Mary, Amina,Maria, Josefine e tante altre di cui non ricordo il nome che lavorano come insegnanti presso asili, le scuole femminili, primarie, secondarie e professionali: hanno già percorso la strada scolastica e adesso trasmettono con grande entusiasmo la loro esperienza e conoscenza scolastica ad altre ragazze più giovani.
Ho conosciuto delle altrettante splendide, prima di tutto, donne come suor Serafina, suor Carletta, suor Linda e le altre consorelle impegnatissime a dirigere e coordinare le scuole che accolgono un gran numero di studentesse che possono e non possono permettersi di andare a scuola. Tutte cercano di offrire una possibilità di realizzazione mediante lo studio alle proprie studentesse superando situazioni di disagio e degrado.
Suor Giovanna Pia che guida con autorevolezza il personale ospedaliero ma sopratutto conosce tutto di tutti; per non parlare di Ester, Agnese e tutto il personale dell’ospedale che si applica con attenzione alle problematiche relative alla salute.
Le stesse ragazze che frequentano i diversi istituti scolastici che hanno una voglia di studiare e alimentare le loro conoscenze a tal punto che accettano anche di dormire in piccole baracche di legno e lamiere, di mangiare in un refettorio privo di finestre, pavimento e tavoli, di fare lezioni in aule con banchi insufficienti per tutte loro pur di avere una possibilità nella vita. Il tutto fatto sempre con il sorriso sulle labbra.
Hanno voglia di riscattare se stesse.
Donne semplici come Evelin la segretaria della missione, Mary la sarta, le ragazze della gest house:donne dai sorrisi solari che riescono a superare la diversità linguistica e si fanno in quattro per farsi capire e farti sentire a casa.
Suor Alice, suor Maria e le altre sorelle che accolgono e insegnano ai bambini di strada per strapparli così ad un mondo troppo adulto per la loro età.
Per non parlare delle donne povere della savana che vivono nelle magnate: accudiscono i figli, vanno a prender l’acqua, si occupano della capanna. E poi ad un tratto in mezzo al nulla come macchie di colore sono le stesse donne che si muovono singolarmente percorrendo a piedi moltissimi chilometri. Basta sedersi sotto un albero di acacia in mezzo a loro per sentire che piano piano ti concedono il loro sorriso e a quel punto non c’è diversità tra me e loro, non conta il colore della pelle, non conta la lingua che parli.
Bastano i gesti: basta una foto perchè si avvicinino a te curiose di rivedersi nella macchinetta;un sorriso ed una carezza al loro bimbo che portano sulla schiena; è sufficiente che Vanda prima di lasciare un out post in cui eravamo in visita si tolga le sue ciabatte per donarle a una di loro che è scalza per ricevere un grazie e una benedizione in Samburu.
E allora le lacrime ci rigano il viso.